Dark Light

Posto ergo sum. Nell’era di Instagram, il social visivo per eccellenza, soltanto i brand in grado di creare contenuti d’impatto riescono a suscitare l’attenzione della Generazione Z.

Pensiamo al caso di Gucci: dall’avvento di Alessandro Michele alla direzione artistica del marchio nel 2015, il brand ha conosciuto un notevole incremento sia del fatturato che del buzz online. L’estetica di Gucci su Instagram è eclettica e sfaccettata: ad emergere in ogni post è la dirompente personalità del direttore creativo, riscontrabile in ogni post del brand.

Tra le case di moda italiane è sicuramente una delle più prolifiche per quanto riguarda l’utilizzo dei social, con campagne create ad hoc e la diffusione di hashtag diventati subito virali si è rivelata perfettamente consapevole dell’impatto che hanno sull’immagine del marchio.

La peculiarità di Gucci sta proprio nel creare un universo di marca attraverso le campagne virali sui social, giocando su scelte artistiche sopra le righe (come nel caso dei meme) e sull’abilità di incanalare l’attenzione mediatica sfruttando le piattaforme digitali.

Abbracciando un target relativamente nuovo nell’ambito dell’haute couture, ovvero quello dei Z, il brand è riuscito a ottenere nuova visibilità. E quale miglior modo di conquistare un target giovane se non attraverso i social media? Gli stessi abiti proposti (t-shirt col logo del brand, tute e ciabatte monogram) si rivelano estremamente Instagram-worthy, diventando dei veri e propri oggetti iconici, desiderati e ambiti dalle generazioni di giovanissimi di tutto il mondo.

Il concetto di status è mutato negli ultimi anni: ora la borsa griffata non si sfoggia più durante la passeggiata della domenica per le vie del centro cittadino, ma per dimostrare di possederla, bisogna esibirla su Instagram.

Ottima intuizione del marchio è sicuramente quella di considerare i canali social, e in particolare Instagram, non semplicemente come un canale attraverso il quale promuovere un prodotto o un contenuto, ma come un’estensione del brand a tutti gli effetti, in grado di amplificare la risonanza dei concetti, di diffonderli, ma anche di affermare la loro credibilità, in qualche modo di identificarli, renderli attuali.

La vera rivoluzione che Gucci apporta nell’uso di Instagram è la differente prospettiva di brand: da marca star destinante che si limita a designare i propri prodotti come oggetti del desiderio, a marca aiutante, che aiuta attivamente la persona a ottenere l’oggetto del desiderio, a patto che questa ottenga la competenza necessaria, ossia la capacità di interagire con le piattaforme social.

Attraverso Instagram lo storytelling di marca diventa un’esperienza a 360° per l’utente, che entra in contatto non solo con il prodotto, ma anche con il backstage delle sfilate, con i Gucci Places, ovvero luoghi connessi al brand per motivi culturali o prettamente estetici, e con il Gucci Garden, un esclusivo spazio concettuale che ospita una boutique e un ristorante a tema, la Gucci Osteria.

L’estetica punta su un immaginario vintage, dai toni soffusi e onirici, l’utilizzo di fotografie analogiche, o talvolta anche istantanee, è connessa all’immagine che il marchio vuole dare di sé: quella di un brand al passo con i tempi, conscio della retromania dilagante soprattutto su quella specifica piattaforma, che vuole offrire agli utenti un’esperienza coinvolgente e appagante.

Un importante punto di forza del marchio sta nella grande capacità di ascoltare e dare voce alle tendenze che emergono online: un esempio evidente è il caso del lancio del side brand Gucci Beauty. Il concept della linea è infatti la ridefinizione dei canoni di bellezza secondo il sistema valoriale del brand, improntato sull’inclusività, sulla celebrazione del diverso, dell’imperfetto, del multietnico e dell’eclettico: un’idea di bellezza perfettamente in linea con i trend social.

Così, a colpi di meme, di filtri Instagram e di Instax, Gucci dimostra di sapersi reinventare in modo sapiente e di essere perfettamente a conoscenza dell’impatto che i nuovi media hanno nella vita delle persone.

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Alice Febbraro (Torino, 1993) è digital editor e social media manager. Cresciuta a pane e Jane Austen e appassionata di semiotica, la sua passione è scavare e trovare l’essenza delle cose oltre ciò che appare. Torinese di nascita ma parigina nel cuore, vive in una soffitta con il fidanzato e i suoi due gatti. A causa della sua perenne retromania preferisce il suono del vinile, ama le fotografie analogiche e i film con Audrey Hepburn. Crede fermamente nel potere del rossetto rosso, nella pizza, nell’indie rock ed è convinta che le idee possano ancora cambiare il mondo.

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