Dark Light

In principio, erano solo balletti. Poi, è successo che TikTok è cresciuto, in numeri e, soprattutto, in maturità. Razzismo sistemico, cambiamenti climatici, salute mentale post-pandemica e parità di genere sono solo alcune delle tensioni culturali che influenzano i creatori da un po’ di tempo. Così, i balletti rimangono e acquistano una terza dimensione: la profondità. TikTok, finalmente, si scrolla di dosso l’etichetta di “social degli Z”, accogliendo community più trasversali grazie a un inestimabile ingrediente: il suono.

La creatività collettiva sta innegabilmente plasmando la cultura pop, le persone si sentono più vicine anche a distanza di chilometri e i brand si lasciano andare sulle note popolari del momento. Delle prime radici di Musical.ly, TikTok ha conservato intatta l’importanza della musica, per le persone, gli artisti, i marchi. L’aspetto più interessante della questione, oltre alla felice costruzione di una certa familiarità e connessione tra utenti, riguarda come TikTok abbia rapidamente influenzato la cultura sonora globale, diventando parte integrante della scoperta musicale. Sebbene misurare quantitativamente l’impatto culturale non sia così semplice, la piattaforma stessa ha commissionato ben due studi che fanno affiorare quanta influenza abbia avuto questa app mobile su cultura e musica. Cosa è stato scoperto: il 75% degli utenti scopre nuovi artisti proprio grazie a TikTok; il 71% pensa che le maggiori tendenze inizino sull’app; il 63% ascolta nuova musica qui. Non male.

Montero Lamar Hill, Lil Nas X, popstar indiscussa made in USA della Generazione Z, è il risultato in carne, ossa e pixel dell’influenza della Rete e di TikTok: la sua presenza social l’ha portato a raccogliere una moltitudine intergenerazionale di fan che difendono ferocemente la sua musica e il suo essere fuori dagli schermi novecenteschi, fin dai tempi di Old Town Road, autoprodotta sulle piattaforme di streaming nel 2018.

È proprio grazie alla presenza su TikTok che Lil Nas X ha iniziato ad accumulare popolarità e polemiche, come quando, raggiunta la classifica Billboard Hot Country, è stato cacciato per un “errore” di valutazione perché il suo pezzo non aveva in sé abbastanza elementi della musica country. L’indomani, la viralità dell’autore è esplosa portandolo anche a leggendario remix con Billy Ray Cyrus; a premiarlo, la sua indole fai-da-te e il suo talento naturale nello sfruttare la potenza della Rete, nonché nello stimolare le conversazioni sui social media. Basti vedere il caso più recente, quando lo scorso marzo Lil Nas X ha pubblicato MONTERO (Call Me By Your Name), un singolo che affronta i dolori dell’essere rifiutati dalla società e dalla chiesa. Oltre a un prevedibile diluvio di critiche online, il rapper ha raccolto anche riconoscimenti e una collaborazione con il collettivo artistico di Brooklyn MSCHF per rilasciare un paio di “scarpe di Satana” in edizione limitata, commercializzate con dentro una goccia di sangue umano. Costo: 1.018 dollari, riferimento al vangelo di Luca 10:18. Messe in vendita alle 11 del 28 marzo, sono andate esaurite in meno di un minuto, nonostante le vendite siano state poi bloccate da Nike per violazione del marchio. Su TikTok, intanto, aveva dato il via alla sfida #PoleDancingToHell, ispirata al video musicale ufficiale.

Rimanendo oltreoceano, anche il caso di Olivia Rodrigo fa riflettere sulla narrazione contemporanea della musica. Da ragazzina cresciuta sotto i riflettori Disney, la cantante ha fatto della musica un talismano per raccontare uno spaccato della sua Generazione Z, grazie soprattutto all’ubiquità della sua musica su un buon numero di piattaforme social, tra cui TikTok. La sua cifra stilistica è una vulnerabilità autentica, orgogliosamente messa in Rete, condita da una spolverata di tipica angoscia adolescenziale; basti far partire la sua Driver’s Licence, per capirne la portata emozionale per i più giovani.

Gli ingredienti per un successo mediatico ci sono tutti, non ultima un’azzeccata estetica pop-punk che fa l’occhiolino a un ritorno nostalgico degli emo: il suo SOUR è l’album femminile più venduto del 2021, con tutte e 11 le tracce finite nella classifica Billboard Top 100. Ma, ancora una volta, non è solo questione di musica: Olivia Rodrigo parla ai giovani sulle piattaforme digitali, interagisce con loro, e li invita a condividere la propria quotidianità, il proprio intimo. La cantante stessa non ha mai perso occasione di ricordare quanto la sua scrittura sia autobiografica; i suoi video su TikTok e i Reels su Instagram mostrano i sentimenti di un’intera generazione, facendo emergere spesso questioni sociali come diritti LGBTQ+, antirazzismo e ambientalismo.

Le canzoni sono concrete e autentiche, il linguaggio senza filtri, le narrazioni contenute e i video musicali sono disseminati di momenti pronti per essere condivisi con la propria rete.

Olivia Rodrigo, così come Billie Eilish e Willow Smith, segnano una rinascita di una crudezza nel confessare i sentimenti, che ha segnato l’era Y2K – gli anni Duemila – e ha portato alla gloria musiciste come Avril Lavigne e un’intera generazione di artiste con un’amplificata relazione con l’introspezione, sul solco tracciato da Alanis Morissette. L’habitat digitale si conferma decisivo per il passaggio dall’empowerment alla messa a nudo di sé; la stessa cultura emo ha radici online, dagli stessi luoghi, insomma, da dove proviene la gran parte dello stress e dell’ansia da performance dei più giovani.

Per capire più a fondo il cambiamento in atto amplificato da app come TikTok, va considerato un altro fattore chiave: la cultura Stan. Se nella maggior parte dei meandri digitali le comunità sono polarizzate e competitive, con la musica si innesca spesso un’esperienza diversa, di condivisione. Tornando al caso Rodrigo, tra le tendenze di TikTok è apparsa una sfilza di video dove giovani simulavano di lasciare il partner per la durata del singolo Sour, così da entrare in empatia collettiva con la cantante, che aveva scritto quel testo proprio mentre rompeva il suo di fidanzamento, per davvero.

Il motivo che porta il 66% della Generazione Z a pensare che Internet avvicini le persone, è il DNA delle piattaforme che offrono opportunità di performance, espressione e connessione. Dal preistorico MySpace in poi, la musica è esplosa negli spazi online proprio perché queste permettono un’espressione personale non tradizionale, senza intermediari. Inoltre, se pensiamo a TikTok, ma anche a Snapchat e alle Stories di Instagram, le più recenti e popolari piattaforme si nutrono di contenuti video di breve durata, spesso in presa diretta, se non improvvisati. Anche la musica qui diventa seria e sincera, e arriva nei feed con una spontaneità più genuina rispetto alle griglie di Instagram in palette dei Millennial.

Ci sono decine e decine di casi musicali eclatanti che devono il loro trionfo proprio a TikTok. Love Nwantinti del cantautore nigeriano C-Kay ha fatto scalpore sull’app lo scorso anno come colonna sonora di oltre tre milioni di video, tra scenette e balletti creati dai fan. E C-Kay è diventato così l’artista africano più ascoltato su Spotify. Nel 2020, Doja Cat e Nicki Minaj hanno conquistato le vette delle classifiche con il remix di Say So, nominato anche per le categorie Record of The Year e Best Pop Solo Performance ai Grammy 2021. Di nuovo: tutto merito della popolarità sulla piattaforma, e difatti in un articolo di Pitchfork sulla strategia TikTok di Doja Cat, la giornalista musicale Cat Zhang ha notato come siano state proprio le sfide di danza ad aiutare il duo a raggiungere tale successo.

Storicamente gli artisti sono stati percepiti come celebrità inavvicinabili, negli ultimi quindici anni tale distanza è andata via via ad assottigliarsi: oggi per il pubblico è importante identificarsi con gli artisti, con la loro storia personale, e poi con la loro musica. L’approccio collaborativo e basato sulle sfide di TikTok consente ai fan di ricreare una connessione più profonda con i loro musicisti preferiti eseguendo e remixando le canzoni. Oggi chi fa musica è e vuole essere a portata di clic.

I lockdown intermittenti legati all’emergenza sanitaria ha ingigantito il bisogno di adolescenti e giovani adulti di sentirsi più vicini agli altri sul piano emotivo, seppur online. A livello globale, TikTok ha registrato oltre 315 milioni di download nel primo trimestre del 2020, con un aumento del 58% rispetto al quarto trimestre dell’anno precedente. Dalla Don’t Rush challenge ispirata all’omonima canzone di Young T & Bugsey ft. Headie One alla coreografica WAP challenge nata dalla rapper statunitense Cardi B in collaborazione con Megan Thee Stallion e con cameo della influencer Kylie Jenner, milioni di persone trovato un modo creativo di alleviare i momenti di isolamento, portando alla ribalta brani e artisti di nicchia.

Il decentramento dell’influenza culturale ha avuto un impatto inaspettato sulla musica. Ecco allora che, davanti a uno stravolgimento delle dinamiche di scoperta e ascolto, non sorprendono casi come quello di Leanne Bailey, che dal Kentucky pubblica video di ciò che sforna con tanto di selezionatissimo sottofondo musicale, conquistando una larga platea virtuale. In un articolo dell’agosto 2019 Rolling Stone l’ha inserita tra le influencer di TikTok che hanno saputo conquistare l’industria musicale; il suo nuovo manager, Devain Doolaramani, ha dichiarato di ricevere una decina di richieste al giorno da artisti ed etichette che vogliono pagare perché vengano usate le loro canzoni. Si è invertita la marcia: persone come Bailey, apparentemente disconnesse dall’industria musicale, stanno influenzando gli ascolti, mentre sono i critici a dover inseguire tendenze culturali in Rete. Il potere che TikTok ha sul comparto è diventato tale da forzare artisti e case discografiche a pianificare e promuovere rilasci in anteprima dedicati al solo pubblico dell’app. Come è successo all’inizio del 2021, con la Silhouette Challenge che mescolava la canzone anni ‘50 Put Your Head On My Shoulder di Paul Anka e i primi secondi di Streets del rapper Doja Cat.

La musica è un mezzo di racconto collettivo da sempre, e sempre di più. Scegliere un brano per un video di TikTok significa far sì che altre persone lo ascoltino, si sentano ispirate e decidano di utilizzarlo per realizzare un proprio contenuto, innescando così una viralità creativa difficile da imbrigliare. Il senso di cameratismo nella condivisione di suoni e sentimenti profondi è ciò che ha contribuito a portare sugli smartphone di milioni di giovani canzoni come Blood Samaritan di Arya Starr, nonché gran parte della discografia di Megan Thee Stallion. Ma qual è dunque la chiave narrativa che seduce gli abitanti di TikTok? Come abbiamo visto, a vincere sono i racconti più semplici, quelli che permettono una identificazione fluida da parte di chi li ascolta, e che possono trasformarsi in meme ovvero, come dice la Treccani, in un elemento “replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o da uno strumento di comunicazione ed espressione a un altro”.

E come sottolinea Paul Hourican, capo delle operazioni musicali di TikTok UK, è il brano stesso l’hashtag di collegamento per un nuovo linguaggio creativo.

Anche su Instagram, fenomeni come il photo dump, ovvero una raccolta casuale di scatti non pettinati solitamente pubblicati con una riga di didascalia, sono aumentati per combattere l’algoritmo dei feed perfettini. Secondo la piattaforma stessa, negli Stati Uniti tra giugno e luglio 2021 sono stati utilizzati oltre 700.000 utilizzi di #photodump. Analogo trend social, il video-tag #TMI, acronimo di “Too much information”, che porta a raccontare e mostrare tutti i lati della propria vita, anche quelli più intimi e dolorosi.

Come sempre, c’è un rovescio della medaglia. Il desiderio smodato di autenticità ha anche alimentato un senso di cinismo intorno alle campagne di marketing di TikTok eccessivamente elaborate. È il caso, ad esempio, della band pop-punk del Tennessee Tramp Stamps, divenuta virale su TikTok lo scorso anno e travolta dalle polemiche, con migliaia di utenti che hanno iniziato a accusare il trio femminile di non essere altro che un prodotto artefatto, costruito a tavolino.

Inoltre, c’è anche da dire che non tutta la musica calzi a pennello su TikTok e non tutti possono guadagnarsi da vivere come Ricky Desktop, il produttore musicale più virale dell’app. Questo vale, soprattutto, per gli artisti tradizionali, esplosi grazie ad altri canali mediatici e strategie di promozione. Justin Bieber ne sa qualcosa con la sua Yummi, ammonita dai fan per tentato eccesso di furbizia strategica e scarsa qualità musicale. Più fortunata invece Chloe Bailey, che rilasciando frammenti delle proprie canzoni su TikTok, fa sì che i brani diventino famosi ancora prima di essere pubblicati ufficialmente. Quest’ultimo è un ottimo esempio di come sia possibile giocare correttamente sul campo di TikTok con i propri ascoltatori, facendo sembrare naturale la promozione della musica sull’app, nonostante sia invece un processo curato e ben congegnato che può anche influenzare testi e lanci.

Non c’è solo Adele che spinge Spotify a cambiare il modo in cui gli album vengono consumati; ci sono anche parecchi artisti che avvertono frustrazione rispetto all’impatto che TikTok sta avendo sulle aspettative delle persone. Da qui, si fanno strada anche comportamenti un po’ retrò, come l’ascoltare un intero album senza distrazioni, investendo magari anche in un vinile. La Generazione Z, ma anche i Millennial, sono interessati da una lenta crescita esponenziale di “nowstalgia“, un sentimento che unisce il presente e il passato rispolverando gesti e forme di consumo della vecchia scuola, ibridate con il digitale. La tendenza “vinyl TikTok“, ad esempio, ha stimolato la ricerca di dischi sulla piattaforma e la collezione reale di quest’ultimi.

TikTok fa emergere anche la tendenza che vede i giovani Z ricordare Tumblr e condividere foto e video dei primi anni 2010, rispolverando artisti come gli One Direction all’apice della loro carriera. Ciò succede perché l’aumento della nostalgia è direttamente proporzionale all’avanzare dell’età. Come evidenzia bene un rapporto di YPulse, è normale che ogni generazione diventi nostalgica del decennio della propria giovinezza, e quindi i nati all’inizio del secolo stanno ora riflettendo con affetto sul passato più recente per loro.

Ad ogni modo, a prescindere dall’età degli ascoltatori, le piattaforme digitali consentono alla musica di attraversare anche la cartina geografica in modo trasversale, dando anche ai brand la possibilità di intercettare un nuovo pubblico, più ampio rispetto a quello che avrebbero coinvolto con la parola scritta o parlata. Con un approccio “sound on” ai contenuti, TikTok ha in sé un elemento collaborativo in più: gli utenti possono creare il proprio racconto personale partendo da qualsiasi media già pubblicato sulla piattaforma.

Un’ultima nota è doverosa, infine, nei confronti del tema delle cosiddette filter bubbles, la bolla che restituisce alle persone i risultati della personalizzazione di ciò che viene cercato. Il Paese, la lingua e il dispositivo sono solo alcuni dei fattori che influenzano il contenuto suggerito su TikTok, ma ci sono anche le informazioni dei video, le didascalie, gli hashtag, i suoni. L’azienda è ben consapevole che “c’è il rischio di presentare un flusso di video sempre più omogeneo”, tanto che il loro obiettivo è diventato quello di trovare un equilibrio tra il suggerire contenuti rilevanti per ciascuno e allo stesso tempo aiutare le persone a trovare contenuti inediti da esplorare. Una promessa di maggiore fluidità, insomma, in un mondo che ha cambiato il passo da tempo e si è messo su nuovi binari.