Dark Light

La notizia arriva dal Sud Corea, ma inizia a interessare anche noi: la natalità crolla, la spesa per l’abbigliamento dei bambini aumenta. Perché? Ci sono, come sempre, diverse ragioni. La prima ha a che fare con l’incremento dei figli unici, per il quale i genitori finiscono ad investire una notevole quantità di risorse per scuole, interessi, sport, stimoli creativi. Il fenomeno non si limita poi a mamme e papà, ma abbraccia nonni, zie e zii e amici di famiglia disposti a spendere, spesso proprio nel mercato della moda per bambini di fascia alta. Burberry, Fendi, Dior e Moncler sono solo alcune delle firme che hanno annusato il tema negli ultimi anni.

In Sud Corea la tendenza ha inizialmente preso il nome delle “otto tasche”. In precedenza, infatti, i membri della famiglia allargata come nonni, zie e zii erano disposti a spendere soldi per un bambino. Ora quel gruppo si è ampliato per includere anche gli amici di famiglia, ridefinendo il nome del trend in “dieci tasche”. La generazione MZ – nata nella forchetta consumista che va dagli anni Ottanta agli anni Duemila (un’eredità del boom economico vissuto a loro volta dai loro genitori durante gli anni ’80 e ’90) – è quella più sensibile al fascino dei brand dedicati ai bambini, che siano grandi griffe o piccoli produttori locali. I loro “preziosi” bambini sono stati ribattezzati così: VIBs, “Very Important Babies”.

Una delle tendenze chiave che fomentano il boom dell’abbigliamento per bambini è la tendenza del “family look“, anche in Italia, che a sua volta enfatizza la moda “mini-me”. Se da un lato i grandi hanno piacere di assomigliare ai loro piccoli, dall’altro lato i piccoli sono gratificati a sentirsi come i grandi. I social, poi, fanno da detonatore.

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